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sabato 9 maggio 2009

Educare: presunzione e responsabilità.

Voler educare qualcuno presuppone la presunzione di avere qualcosa di importante da "trasferire" e che si ritiene in qualche modo non solo utile, ma indispensabile per la crescita e lo sviluppo dell'altro. Io ho dei VALORI che ritengo importanti non solo per me, ma anche per la società e, quindi, anche per TE. Io ho una visione del BENE che voglio che diventi anche la tua. Non possiamo sottrarci a questo presupposto: l'educare è indubbiamente un atto di presunzione! Quando mi relaziono con i miei ragazzi a scuola parto da una mia particolare (nel senso "di parte", partigiana) concezione del Bene per me, per loro, per la comunità. Eppure questa presunzione diventa irrinunciabile, è un rischio doveroso, non vi è altra strada aperta all'adulto che si voglia confrontare con la questione della sua relazione con il mondo, con gli altri e, di conseguenza, anche con i ragazzi che esistono, ci sono e crescono. Mi pare, allora, che la sfida dell'educazione nasca come atto di responsabilità da parte di una comunità adulta che si pone il problema della propria relazione con i più giovani. Nella consapevolezza di essere portatori, pur in buona fede, di una visione parziale del mondo. E la parzialità ha bisogno degli altri per farsi interità.