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giovedì 28 maggio 2009

Tutti abbiamo bisogno di educarci (giovani e adulti)

Tutti abbiamo bisogno di educarci; lo
dobbiamo fare sia per ritrovare noi stessi, sia
per aiutare chi, venuto dopo di noi, è ancora
alla ricerca di un’identità.
I giovani sono il nostro presente, non il nostro
futuro. Proprio perché sono il nostro
presente dobbiamo metterli ora nella
condizione di sviluppare la loro creatività e la
loro autonomia, ora nelle condizioni di
sviluppare un sano protagonismo. Non sono
recipienti, contenitori da riempire, ma
persone attive, con cui è importante
confrontarsi, produrre sapere, e che bisogna
accompagnare nel delicato passaggio dai
sogni alla responsabilità. I sogni
importantissimi – alimentano ideali, speranze,
utopie – ma devono trovare il modo di
tradursi in responsabilità, in progetti molto
concreti e reali.
Per questo mi piace anche ripetere che i
giovani non hanno bisogno di adulti perfetti,
modelli di sapienza e di virtù. Hanno bisogno
di adulti autentici e appassionati; adulti che
non dicano loro cosa fare ma che facciano
insieme a loro, che siano presenti senza
essere ingombranti, vicini senza essere
soffocanti, e che li sappiano ascoltare con
autentica disponibilità, senza ingabbiare le
loro domande in griglie di risposte generiche
e preordinate.
Adulti – soprattutto – che non abbiano mai
smesso di guardarsi dentro di sé con onestà
e fuori di sé con stupore, e che perciò hanno
nel cuore la stessa passione e la stessa
voglia di conoscere di quando erano loro a
muovere i primi incerti passi sul difficile
terreno della vita.

Luigi Ciotti

sabato 9 maggio 2009

Educare: presunzione e responsabilità.

Voler educare qualcuno presuppone la presunzione di avere qualcosa di importante da "trasferire" e che si ritiene in qualche modo non solo utile, ma indispensabile per la crescita e lo sviluppo dell'altro. Io ho dei VALORI che ritengo importanti non solo per me, ma anche per la società e, quindi, anche per TE. Io ho una visione del BENE che voglio che diventi anche la tua. Non possiamo sottrarci a questo presupposto: l'educare è indubbiamente un atto di presunzione! Quando mi relaziono con i miei ragazzi a scuola parto da una mia particolare (nel senso "di parte", partigiana) concezione del Bene per me, per loro, per la comunità. Eppure questa presunzione diventa irrinunciabile, è un rischio doveroso, non vi è altra strada aperta all'adulto che si voglia confrontare con la questione della sua relazione con il mondo, con gli altri e, di conseguenza, anche con i ragazzi che esistono, ci sono e crescono. Mi pare, allora, che la sfida dell'educazione nasca come atto di responsabilità da parte di una comunità adulta che si pone il problema della propria relazione con i più giovani. Nella consapevolezza di essere portatori, pur in buona fede, di una visione parziale del mondo. E la parzialità ha bisogno degli altri per farsi interità.